Uocci c'atu vistu cianciri: cianciti!
Occhi che avete conosciuto il pianto: piangete.
L’ho sentita pronunciare a mio padre, a denti stretti, sottovoce, quasi una risposta ad un dialogo interiore.
Occhi che avete conosciuto il pianto: piangete.
Come se il dolore non fosse mai abbastanza, come se certi occhi fossero destinati a lasciarsi percorrere da un fiume in piena: uocci c’atu vistu ciànciri: ciancìti!
E gli occhi di Gaetana sono occhi che hanno conosciuto tanto pianto. “La donna più onesta di Giarratana” mi ripete la mia adorata Filippa, donna vera e piena, donna che ha conosciuto tanto dolore, ma che non gli ha permesso di abbrutire il suo cuore. È stata lei, Filippa Azzaro in Vernuccio, vera mamma di Dialogo, a parlarmi di Gaetana, a raccontarmi quel po’ che si sapeva, quel che si mormorava in paese.
Gaetana, “la donna più onesta di Giarratana” come ripeteva la nonna di cui Filippa porta il nome. Gaetana che indossò il bianco per l’ultima volta il giorno del suo matrimonio e dal giorno dopo si mise il nero del lutto per il fratello. Gaetana occhi tristi: quanto l’hai pagata una notte d’amore?
Occhi che avete conosciuto il pianto: piangete.
Si era sposata, Gaetana, aveva sposato il suo Andrea e avevano avuto un bambino nel 1913, Antonio. Poi Andrea era stato richiamato alle armi per lo scoppio della Grande Guerra ed era dovuto partire. Andrea Angelica era nato a Giarratana il 4 aprile del 1891: troppo grande per andare al fronte. Fu mandato a Chiaramonte Gulfi, o forse a Vizzini, a pochi chilometri dalla sua Giarratana, a poco più di 15 o 20 chilometri da Itana sua. Una notte di febbraio del 1916 Andrea era scappato dalla caserma nella quale prestava servizio ed era corso dalla sua giovane sposa, l’aveva raggiunta nottetempo nella loro casa di via Nino Bixio. E si erano amati.
Poche settimane dopo, forse non più di due, Gaetana fu convocata presso l’ospedale militare di Palermo: Andrea era stato ricoverato e lei doveva raggiungerlo. Ha fatto in tempo a guardarlo per l’ultima volta, a coprirgli il volto con un lenzuolo bianco: Andrea è morto il 2 marzo del 1916 per malattia. Uocci c’atu vistu ciànciri: ciancìti!
Andrea si è addormentato in un letto d’ospedale e non ha mai saputo che in quella notte d’amore, quella notte in cui era scappato dalla caserma di Chiaramonte o di Vizzini, quella notte in cui aveva camminato per 15 o 20 chilometri per andare a Giarratana a rivedere Gaetana ed il piccolo Antonio, sarebbe stata l’ultima volta in cui li avrebbe visti. Nessuno dei due, né Andrea né Gaetana sapevano che quella notte sarebbe stata la loro ultima notte d’amore. Non lo sapeva Gaetana, ma da quella notte lei non avrebbe più amato un uomo.
Ah, Donna Itana, “la donna più onesta di Giarratana”, Gaetana dagli occhi tristi e il cuore spezzato: che ne sapeva la gente di quella fuga d’amore del tuo Andrea? Non lo sapevi neanche tu quando l’hai rivisto in quel letto d’ospedale, quando hai coperto il suo capo col lenzuolo bianco dei morti. “Andrea s’è perso e non sa tornare”. Non lo sapevi forse neppure tu, Gaetana dagli occhi di lacrime, che quella notte d’amore avrebbe lasciato il segno nel tuo ventre. Ed è diventata madre per la seconda volta, per la seconda volta avrebbe dato alla luce il figlio del suo Andrea, il frutto dell’ultima sua notte d’amore.
Occhi che avete conosciuto il pianto: piangete.
Il 16 ottobre di quello stesso 1916, Gaetana avrebbe conosciuto ancora il sapore della felicità, i suoi occhi avrebbero pianto ancora, ma stavolta di felicità: ha partorito Andrea, frutto di una notte d’amore eterna, frutto dell’amore eterno. Andrea, come il suo papà.
Uocci c’atu vistu ciànciri: ciancìti!
Piccola Gaetana, non lo sapevi ancora, ma i tuoi occhi avrebbero conosciuto ancora l’orrore della guerra. Antonio, il suo figlio maggiore, fu chiamato alle armi in Trentino, a raccogliere le bombe inesplose. Andrea invece aveva deciso di seguire quell’attendente con cui aveva legato tanto e che lo faceva sentire al sicuro: guerra sì, ma meglio star tranquilli. E con il suo attendente è finito in Russia con la Torino, 81° Reggimento di fanteria.
Andrea Angelica, fu Andrea, scrisse alla sua mamma il 28 febbraio del 1943 dal campo di prigionia 188, da Tambov. Un suo concittadino ha raccontato ai nipoti che Andrea era stato ferito durante la marcia del davaj. Forse quella ferita gli risultò fatale e, dopo quella lettera, nessuno ebbe mai più sue notizie. Andrea s’è perso e non sa tornare, come l’Andrea di De André. Andrea s’è perso, Gaetana, dopo i tanti baci che ti aveva mandato in quella sua ultima lettera, quella in cui ti aveva scritto anche che col destino non c’è niente da fare e poi ancora “baci, baci e baci, come se fossimo da presenza”. Il tuo “affezionato figlio per la vita”, Gaetana, non tornerà a casa, sparirà nel nulla. S’è fatto vapore, Gaetana, s’è fatto acqua e pioggia e neve. S’è fatto lacrime per i tuoi occhi, i tuoi occhi che conoscevano così bene il pianto, i tuoi occhi tristi, Gaetana.
Uocci c’atu vistu ciànciri: ciancìti!
Gaetana dorme nella tomba di famiglia del cimitero di Giarratana, lontana dal suo Andrea sepolto a Palermo, distante centinaia di chilometri dall’uomo della sua vita, quell’uomo che per lei era scappato a piedi dalla caserma di Chiaramonte o di Vizzini per amarla un’ultima volta e che in quella notte d’amore le aveva regalato un altro Andrea.
Gaetana non aveva mai smesso di aspettarlo. Aveva fatto fare un libretto di risparmio a suo nome ed ogni mese versava parte della sua pensione per quando sarebbe tornato. Ogni volta che i carabinieri la chiamavano per dichiarare la morte del figlio, lei si rifiutava, nonostante la prospettiva di una pensione di tutto rispetto. “Io non voglio soldi. Io voglio mio figlio!” ripeteva Gaetana e se ne andava.
Occhi che avete conosciuto il pianto: piangete.
Dicono che il dolore abbrutisca l’anima, che renda l’uomo malvagio. La storia di Gaetana è una delle più tristi e toccanti che abbia conosciuto, eppure i suoi nipoti son tutti presenti quando mi raccontano di lei e dei suoi dolori inumani. Ci sono tutti e quattro i figli di Antonio, tornato dal Trentino dopo aver passato mesi o forse anni a raccogliere ordigni inesplosi.
C’è Teresa, la più grande, figlia della prima moglie di Antonio, che era morta giovanissima per le complicazioni della gestosi gravidica. Da piccola una meningite ha intaccato parte del suo corpo, ma lei non ha smesso di regalare il suo splendido sorriso. Lo ritrovo in sua figlia Rita e nella piccola Chiara, anche lei presente in quel caldo pomeriggio d’agosto. Non c’è suo marito, il padre di Rita: è morto più di vent’anni fa. Occhi che avete conosciuto il pianto: piangete.
C’è Andrea, che porta nel suo nome la storia della sua famiglia, il senso del dolore di Gaetana, ma anche quello dell’amore di una sposa e di una madre che non si è mai rassegnata alla morte, che non si è lasciata spezzare. Anche gli occhi di Andrea si sono riempiti di lacrime, ma ogni volta che mi raccontava di loro mi ha sorriso con indicibile tenerezza. Ha gli occhi puri Andrea, anche quando si velano di lacrime.
C’è Gaetana, detta Tanina, organizzatrice – insieme a Filippa – di un pomeriggio così carico di emozioni, vero borgomastro dell’amore familiare. È una donna forte, si vede sin da subito, ma ha anche quel tratto indescrivibile, unico, che hanno certe donne, quella strana capacità di irradiare amorevolezza senza mai farti sentire invasa, una dolcezza insita che non sa risultare stucchevole. C’è anche suo figlio Antonio: è lui che legge l’ultima lettera di zio Andrea; e suo marito, Pippo. È rimasto in disparte fino alla fine: anche il suo papà ha fatto la guerra e ha conosciuto tanto dolore, è stato fatto prigioniero. Mi promette che mi racconterà, che mi farà avere il materiale, ma non quel pomeriggio, quello è il momento di Gaetana e di Andrea.
Ed infine c’è Giuseppe, accompagnato da suo figlio Adriano. Giuseppe è stato in silenzio per tutto il tempo, eppure siamo stati seduti accanto per tutta la mia visita. Mi ha guardata, mi ha sorriso, mi ha fatta sentire a casa, ma in silenzio. Soltanto alla fine, quasi con pudore, sottovoce, mi racconta di essere stato lui ad aver acconsentito alla dichiarazione di morte dello zio Andrea. Lo ha fatto perché non si poteva più farne a meno: sono passati ottant’anni dalla data di dispersione, non c’è più alcuna possibilità che sia vivo. Eppure nei documenti ufficiali di Onor Caduti è il suo nome quello che risulta: l’ha cercato fino alla fine, l’ha cercato anche ottant’anni dopo, in silenzio, ma Andrea si è perso.
Occhi che avete conosciuto il pianto: piangete.
E in quel caldissimo pomeriggio d’agosto io so – e lo so – che Gaetana era lì con noi ed i suoi occhi, quei suoi occhi tristi, quegli occhi che hanno conosciuto tanto pianto, si sono riempiti di lacrime, ma stavolta lacrime dolci, gocce di tenerezza, di gratitudine e d’amore per una famiglia che non ha mai smesso di amarla.